Come già è stato per gli over “2000” va dato il merito di favorire una crescete conoscenza dell’Appennino anche all’iniziativa che ha portato
a stilare la lista delle cime di quota superiore ai 1.900 metri, fornendo quindi a chi ama andare in montagna nuovi spunti per recarsi in
luoghi nuovi e lungo percorsi che altrimenti rimarrebbero non noti ai più.
E così nascono escursioni come quella qui descritta che, oltre ad allungare la lista delle vette salite, ci ha portato a conoscere ambienti nuovi
percorrendo dei tratti fuori dai percorsi più comuni, migliorando in definitiva la conoscenza “sul terreno” del territorio montano.
Avendo due auto decidiamo di organizzare un’escursione alla volta della dorsale che congiunge il Monte Marcolano al Fontecchia: alcuni chilometri
di cammino lungo una cresta molto panoramica ed a tratti un pò accidentata, resa ancor più interessante e varia dalla presenza della neve.
Proseguendo oltre l’abitato di Villavallelonga si lascia la prima auto accanto alla piccola cappella votiva di Cona Ravara (in corrispondenza
di una strada sterrata da cui si arriverà al ritorno) e si prosegue con la seconda fino allo spiazzo di fronte alla chiesa della Madonna della
Lanna da dove inizia l’escursione.
Poco oltre lo spiazzo sulla sinistra si incontra l’ampia mulattiera (sentiero “R4” indicato proprio all’inizio su un albero) che in lieve
pendenza si insinua nel bosco verso le falde del Monte Marcolano; si prosegue sempre sul sentiero che prende quota con numerose svolte e
qualche traverso fino a portarsi fuori dal bosco in corrispondenza di un’ampia radura (bel punto di vista sulla fila di cime a ridosso del
versante opposto della Vallelonga) e poi definitivamente allo scoperto attorno ai 1.700 metri di quota dove con un lungo traverso si entra
nell’avvallamento compreso tra la cima del Marcolano e quella di Macchia Petrosa. Attraversata sino in fondo la valletta si sale sulla sella
da cui si apre improvvisa la vista che spazia sull’intero parco nazionale ed oggi con il bel tempo e l’aria limpida lo sguardo si spinge fin
quasi sull’intero l’Appennino centrale.
Dalla sella con un piacevole e panoramico girovagare per creste si possono toccare in breve le cime del Monte Marcolano, della Rocca Genovese
e quella di Macchia Petrosa; proprio da quest’ultima prende avvio la seconda parte dell’escursione che su percorso meno frequentato conduce per
la lunga dorsale dapprima al monte Prato Maiuri ed oltre fino al Fontecchia.
Non ci sono molte relazioni su questo tratto di percorso e le poche disponibili raccontano di un terreno piuttosto accidentato attraverso tratti
di boscaglia bassa ed intricata, ed in effetti sul versante nord-est in alcuni punti la faggeta bassa e fitta arriva in alto sino ad occupare
per intero il passaggio sulla cresta.
La notevole quantità di neve riportata dal vento e trattenuta dalle piante nel nostro caso ha reso l’attraversamento abbastanza spedito forse
perché, senza saperlo, avremo camminato sopra ad un pò di alberelli completamente sommersi: sarà anche stato per un insieme di ingredienti
positivi come la bella giornata, l’innevamento e la panoramicità ad ogni passaggio, ma questo tratto di cresta sino alla cima del Monte Fontecchia
si è rivelato sicuramente molto avvincente e ad ogni altura intermedia c’è stata una sosta per guardarsi bene attorno.
Per il ritorno a valle avevamo programmato un primo tratto di discesa più o meno lungo la verticale della cima del Fontecchia con l’obiettivo di
intercettare il sentiero R13 che dalla Cona Ravara con un lungo traverso consente di arrivare al Monte Marcolano; superata quindi per un centinaio
di metri la cima in direzione della omonima Sella Fontecchia abbiamo preso a scendere a vista lungo un ampio piano inclinato libero da alberi e ci
siamo immessi nel bosco sottostante cercando di mantenere la direzione. La discesa di per se non presenta particolari problemi di orientamento salvo
fare attenzione ad aggirare sulla destra un salto, sempre sulla verticale della cima, che è comunque preannunciato da un repentino cambiamento della
pendenza nel sottobosco e dal fondo che da comodo diviene molto sconnesso e cosparso di formazioni rocciose.
Per il resto la presenza di una coltre di neve portante fino a basse quote ha facilitato e resa veloce la discesa che in un stagione diversa sarebbe
risultata sicuramente ben più faticosa.
Il sentiero si intercetta attorno ai 1.400 metri di quota ma bisogna cercarlo un pò attorno poichè non è facilmente riconoscibile sul terreno in
quanto ben poco utilizzato e quindi coperto dalla vegetazione ed anche i segnavia sono piuttosto sbiaditi: individuata comunque la prima bandierina
la prosecuzione risulta semplice ed intuitiva, quasi tutta all’interno di un fossato che termina in corrispondenza di una sterrata carrozzabile che
con un chilometro circa in piano conduce a sulla strada di fondo valle proprio di fronte alla Cona Rovara.